ILARIA PACCINI

Ilaria Paccini nasce ad Arezzo ed è in Toscana che comincia a dipingere dal vero nelle gare di pittura estemporanea a cui partecipa fin da piccolissima accompagnando i genitori entrambi artisti.

Nel 1998 consegue il primo grande successo di pubblico alla prima edizione del concorso per la “Lancia d’Oro” della Giostra del Saracino di Arezzo, espone le sue opere presso le “Logge Vasari” e le viene commissionata la medaglia del CALCIT.
Seguono varie esposizioni in Toscana come per il salone Seat di Arezzo e alla rassegna “Melisciano Arte”; a Udine espone medaglie per l’AIAM.
A Roma espone opere in smalto alla “X Mostra della Medaglia” presso il Salone Sistino a Città del Vaticano ed esegue una serie di medaglie sul Papa per la Zecca Privata di Roma.
Da anni si occupa di scultura, medaglistica, smalto a caldo e microscultura per oreficeria.
Sperimenta la pittura su lastra ossidata d’acciaio con cui ha eseguito numerosi ritratti.
La passione per l’arte in tutte le sue manifestazioni tecniche, la portano a collaborare come scenografa per il teatro e per il cinema, come caricaturista per MICROSOFT, mentre con la ditta Festucci esegue numerosi restauri presso Villa Medici a Roma, Villa Reale a Monza e Villa Bernini ad Arcore.
Lavora con le scuole insegnando scultura coroplastica e dal 2014 con il progetto di alternanza scuola-lavoro “NuovaMente per l’Antico” collabora con vari Musei.
Nel 2022 esegue il premio per il Rome Fashion Film Festival organizzato alla Casa del Cinema di Roma.

Facebook: https://www.facebook.com/ilaria.paccini.9
Instagram: ilaria_oda_paccini
Sito: www.ilariapaccini.it

LA PAROLA ALL’ARTISTA

Perché ha pensato a questa opera per Selci?

Il progetto richiedeva un riferimento al percorso di San Francesco perché selci è sulla variante del suo percorso, ho pensato subito oltre al percorso spirituale ma soprattutto artistico che è in grado di trasformare non solo l’artefice ma anche le persone che poi fluiscono sull’opera d’arte a livello emotivo, emozionale ed intellettuale. Quindi il percorso spirituale è soprattutto un percorso creativo che serve a mutare per quanto possibile la mentalità con cui le persone si rapportano al mondo e allora abbiamo pensato subito ad un tipo di tecnica artistica che prevedesse l’intervento del pubblico, quindi ceramica, per cui vedrete il lavoro di Emanuele Fois in ceramica raku, che prevede un grosso margine di imprevedibilità, cosiddetto errore. Ecco perché è creativo a 360 gradi e permette a chi lavora e quindi anche alla popolazione di trasformarsi e vivere l’opera d’arte come qualcosa di assolutamente unico.

In cosa consiste la vostra opera e qual è la tecnica di realizzazione?

E’ un opera scultorea e ho pensato ad una figura che rappresentasse l’umanità che esce fuori dal piano verticale del muro di perimetro della piazza delle scalette. Questa figura emerge in un nuovo piano di consapevolezza e laddove il piede tocca terra, inizia il famoso percorso. La mia scultura è stata realizzata prima in creta, poi è stato fatto uno stampo in silicone e all’interno una colata in cementi che verranno poi colorati e sistemati in modo che la scultura abbia anche un rapporto cromatico con quello che è il contorno e la pavimentazione. Per la tecnica di ceramica raku e il significato dell’opera lascio la spiegazione a Emanuele Fois.

Perché questo titolo?

Il titolo dell’opera cita la frase di San Francesco, “Dimenticando se stessi ci si ritrova” cioè dimenticando il proprio individualismo, non guardando più a sé stessi, nell’ambiente della piazza e quindi nell’ambiente sociale si ritrova la propria umanità. Questa umanità che emerge in un nuovo piano di consapevolezza, di coscienza che da soli non si va nessuna parte, ma bisogna guardare all’umanità come specie, tra le altre specie: è quando ci si dimentica di se stessi e quindi si incontra l’altro che l’umanità ha l’opportunità di iniziare un percorso diverso.

OPERA: DIMENTICANDO SE STESSI CI SI RITROVA

Con questa frase attribuita a San Francesco, l’artista Ilaria Paccini evidenzia lo stato di buio sociale in cui è immerso colui che non si riconosce nell’altro e nello stesso tempo evidenzia quanto sia importante lo spazio condiviso della piazza: un luogo di scambio, di esperienza, di incontro. 
L’intervento artistico è rappresentato da una pareidolia che sfrutta la macchia naturale del muro e la evidenzia e intensifica con il disegno, creando un volto, un corpo umano in movimento di emersione dalla parete e un piede che tocca la terra dove parte la pavimentazione in ceramica Raku – realizzata insieme all’artista ceramista Emanuele Fois- che segna un nuovo percorso umano.

L’opera rappresenta l’affiorare dell’umanità in un piano di nuova consapevolezza perché l’arte muta senso alla realtà e apre la soglia dell’indicibile.

Il colore della scultura è di color verde/oro, cioè il colore dell’olio d’oliva, mentre il piede è di color nero e rappresenta il principio, la mancanza di consapevolezza, l’oscurità, ma nello stesso tempo anche l’inizio della luce.